VIETARE IL GIOCO: I DANNI SUL CANE

Jack era un giovane Pastore Tedesco con gravi problemi comportamentali, arrivato al Centro quando la sua aggressività era a livelli esasperati. 
Nel tempo, aveva sviluppato un’aggressività allarmante nei confronti delle persone, tanto che la famiglia lo aveva confinato in casa e si era isolata, non potendo ospitare più nessuno.  Jack, infatti, tentava di mordere chiunque incrociasse per strada o entrasse in casa.
I ragazzi che me lo avevano portato venivano da lontano ed erano disperati. A complicare le cose ci sarebbe stata, da lì ad un paio di mesi, la nascita del loro bambino.

Quando lo valutai, quello che mi colpì più di tutto non fu tanto la sua aggressività, quanto la sua totale incapacità di mantenere lucidità qualunque fosse il contesto, anche il più tranquillo.
Per aiutarlo a scaricare tensione, chiesi se avessero portato il suo gioco preferito e mi risposero che l’educatore che li stava seguendo aveva proibito ogni tipo di gioco, perché convinto che aumentasse la sua aggressività.
Scossi la testa, presi un salamotto e chiesi al ragazzo di farmi vedere come giocava…lo faceva malissimo!
Tutto il gioco era improntato sul non far vincere il cane, sui comandi per lasciare,  sui tempi limitati. Insomma, più che un gioco divertente era una tortura per entrambi.

Fatte le dovute correzioni, Jack cominciò subito a scaricare sul salamotto e invece di perdere ancor più lucidità come era stato detto, la riacquistò velocemente. Finalmente vedevo in lui per lo meno uno sguardo presente e non più vuoto e perso.

Li mandai a casa con un percorso ben preciso da seguire, che prevedeva sia la presenza costante al Centro per lavorare su più fronti, vista la gravità della situazione, sia il compito giornaliero di farlo giocare come gli avevo insegnato, permettendo a Jack di avere il suo gioco a disposizione anche per eventuali uscite.
Era domenica.
Il martedì il ragazzo mi telefonò dicendomi che era riuscito, dopo mesi, a fare una passeggiata serena con Jack che era rimasto lucido e presente e molto meno incline ad andare addosso a chiunque.

I ragazzi fecero ciò che andava fatto, nonostante i km che dovevano percorrere ogni settimana, ma il premio fu grande: per molto tempo, dopo il loro percorso,  ho continuato a ricevere foto di loro, il bambino e Jack sereni, a casa e fuori.

Questa che vi ho raccontato è un’ esperienza estrema, ma l’abitudine di negare il gioco quando se ne perde il controllo è frequentissima: il cane si eccita troppo, diventa intenso, sbatte addosso alla persona di riferimento, abbaia insistentemente per avere il gioco, ringhia, minaccia? Si limita o si vieta il gioco.
Questa procedura, che trovo assolutamente sbagliata e dannosa, inevitabilmente ha notevoli ripercussioni sul cane e sulla sua salute mentale, portandolo molto frequentemente a sviluppare problemi comportamentali.
Ma occorre fare un passo indietro e comprendere perché, per un apparentemente “semplice gioco”, il cane può andare completamente in crisi.

Cosa può rappresentare un gioco e il giocare per il cane:

  • Sfogo 
  • Divertimento
  • Scarico emotivo
  • Impegno mentale
  • Appagamento
  • Re-indirizzare aggressività
  • Strategia adattiva (coping)

Il gioco quindi non è un capriccio, ma una necessità.

Se la situazione sfugge di mano, significa che si è agito male, che non si è impostato il gioco correttamente.

Questi i principali errori:

  • Non essere in grado di individuare le modulazioni emotive del cane per interrompere il gioco prima che porti alla sovreccitazione e alla perdita di lucidità.
  • Esasperare il gioco.
  • Rendere il gioco meccanico: lancio-riporto, tira e molla, ecc senza variazioni per permettere al cane di non fissarsi su un unico scopo.
  • Basare il gioco sul controllo della risorsa (comandi come lascia, seduto, stai e/o non far vincere il cane, ecc).
  • Non essere in grado di individuare la necessità del cane di tenere in bocca e masticare, puntando tutto unicamente sulla quantità di lanci o di contese.

Come migliorare questa situazione?

La risposta non è semplice, perché va individuata la causa scatenante, la sensibilità del cane, la sua reattività ed eventuali conflitti nati in seguito con le persone di riferimento (non avete idea di quanti se ne sviluppano!)

Dopodiché bisogna ricostruire un gioco sano:

  • Resettare le vecchie procedure.
  • Eliminare i comandi.
  • Eliminare ogni forma di controllo sul gioco.
  • Basare il gioco sulla condivisione.
  • Imparare ad interrompere il gioco prima che il cane si sovrecciti e piuttosto aumentare i tempi man mano che è in grado di autocontrollare la sua emotività.
  • Azzerare le richieste, lasciando che il cane tenga in bocca l’oggetto tra un lancio e l’altro o tra una contesa e l’altra, e aspettare che sia lui stesso a riproporre il gioco.

Se individuate condizioni particolari, come ad esempio l’utilizzo del gioco come coping, è importante dare il giusto peso a questa necessità, valutando anche l’aiuto di un professionista preparato sull’argomento che vi aiuti a gestire la cosa nel migliore dei modi. Non è così immediato inserire il coping nel modo giusto. 

La buona notizia, dunque, è che potete tornare a giocare serenamente con il vostro cane perché è possibile reintegrare il gioco senza alcun problema.

Ricordate: niente è irreversibile se si lavora correttamente.

Conosci. Ascolta. Comunica.
Francesca D’Onofrio

VUOI IMPARARE A LEGGERE IL CANE?

Scopri i corsi dedicati.